Vision e leadership, che consulente, libero professionista sarai?

Ho lavorato spesso con persone che da Manager hanno cambiato lavoro trasformandosi in Consulente.

Certo, alcune persone scelgono liberamente di lasciare un lavoro in Azienda per una attività in proprio. Ma più spesso, quando il lavoro desiderato (in azienda) non è più disponibile, questa scelta viene vissuta come una soluzione “obbligata”.

Passare da  Manager alla libera professione, alla consulenza,  richiede un cambiamento personale radicale. In effetti ci vuole qualcosa di più che non proporre la propria competenza direttamente al mercato.

Prevede di saper scegliere la nicchia di mercato in cui muoversi, capirne le dinamiche,  scoprire il proprio modo di contattare nuovi clienti: la capacità di “vendersi” e di proporre il proprio lavoro, e naturalmente riscuotere i propri crediti.

In realtà le criticità iniziali sono molte e non sempre indolori. Alcune sono legate a percezioni di incertezza economica ed emotiva che bloccano l’iniziativa, altre legate a competenze di tipo tecnico che mancano o che sono state poco sviluppate nella vita professionale.

 

Lavorare nella consulenza significa avvicinare un mercato in cui sono richiesti servizi professionali avanzati, competenze trasversali che coprano vari settori di attività e lettura dei cambiamenti “mentre” vengono realizzati.

In più, il confronto con il mondo esterno, senza protezioni, rende necessario un aggiornamento continuo su differenti ambiti, sennò il rischio di esser sorpassato diviene molto elevato.

Da Manager la specializzazione era parte del valore specifico del lavoratore, i compiti erano definiti in modo preciso, il più delle volte promossi e valutati da terze parti, solo da eseguire.

 

Quelli che seguono non sono che alcuni dei temi che accompagnano questa scelta professionale.

Emozioni

Iniziando dall’aspetto emotivo, confrontarsi con una realtà differente dalla “solita” può intimorire.

E l’effetto, proporre se stessi con riluttanza e timidezza, non è molto efficace.

Se poi vi si aggiunge una sensazione di bisogno, fatica e chissà, in alcuni casi, fallimento.. la frittata è fatta. Ma c’è rimedio , lo vediamo più avanti.

 

Competenze tecniche e soft skills

Inoltre è vero che sono necessarie ampie competenze per offrire soluzioni efficaci a clienti con problematiche differenti tra loro. E se la competenza perfettamente tagliata sul ruolo precedente non basta più, va implementata. Ma mi raccomando, a poco a poco.

Perchè il rischio è di entrare nel loop “non basta mai”  e può facilmente capitare di iniziare corsi e approfondimenti senza aspettare di capire cosa è veramente necessario.

In questo stato d’animo, l’effetto sarà  sentirsi sempre inadeguati. E in questo modo rimandare l’inizio del Nuovo. Come uscirne?

Una corretta percezione di , del proprio valore, e una attenta valutazione di cosa si può INIZIARE a proporre sul mercato aiuta senz’altro. Rassicura e autorizza a iniziare l’avventura. E man mano diventa chiaro cosa è necessario per fare sempre meglio quello che si vuole fare.

In parallelo sono quanto mai utili se non necessarie capacità “soft” su cui non mi dilungo, e per le quali rimando a questo articolo. Sicuramente già conosciute da Manager, saranno ancora più necessarie in una libera professione.

 

Precarietà

L’alternanza di situazioni in cui c’è lavoro e in cui invece si deve seminare è molto lontana dal tra-tran quotidiano di un lavoratore dipendente, se pur ad alto livello. Inizialmente non è automatico trovare un equilibrio tra i due momenti (cercare clienti e effettuare il lavoro).

L’umore cambia nel momento in cui si riceve un ordine:  ci si dimentica di promuovere l’attività, la concentrazione va tutta sul lavoro da svolgere al meglio. E la consegna diventa un momento ambiguo: soddisfazione per il lavoro fatto, fatturazione, riconoscimento dal cliente soddisfatto, e… tutto da capo per trovarne un altro. Un’altalena con pause significative tra le diverse commesse ed in cui è d’obbligo avere sangue freddo. In queste pause si innesca l’ansia legata al denaro. E non è funzionale.

 

Rischio e Denaro

Un aspetto da considerare è sicuramente il rapporto con il denaro. Deve essere riorganizzato, ristrutturato, si deve trasformare.

Lo stipendio, una costante sicura e protettiva fino a ieri, non c’è più. Inizia lo “stress” da fatturazione, sconosciuto al manager con stipendio a fine mese, ma che è una delle leve classiche del libero professionista, anche se non la migliore.

Anche se la gestione del budget era un elemento su cui il Manager operava quotidianamente, non aveva l’impatto diretto sulla sua vita che invece ha oggi. E questo è un fatto.

La competenza nel far un preventivo, seguire incassi e uscite, prevedere investimenti forse esiste già, ma l’effetto sulla persona è totalmente differente e va “gestito”.

Il lato economico della vita professionale infatti si mischia con quello privato. Dovrà cambiare il modo in cui valutare entrate ed uscite, è necessaria una visione del lato economico del lavoro a più ampio respiro.

Il consulente in effetti è imprenditore di se stesso.

 

Libertà

Uno degli aspetti che spesso si intreccia con i precedenti è quello che possiamo chiamare il “blocco da pagina bianca”.

La sensazione di libertà di una professione in cui si è sia l’ideatore che lo sviluppatore è una esperienza nuova. Da Manager era tutto chiaro, compiti e confini. Qui invece tutto aperto. Si deve decidere da dove iniziare, sono tante le scelte da fare, e sembra si intreccino una sull’altra. E preoccupazione mista a responsabilità non sono di aiuto, si passa da un controfobico “inizio e basta!” all’incertezza  “non sono pronto, studio/faccio/guardo ancora questo e poi mi lancio”. Durante la giornata il tempo è contemporaneamente stretto e dilatato. Imparare a utilizzare TUTTA quella libertà necessita assieme distacco e forte coinvolgimento, entusiasmo e freddezza. Tanta disciplina personale. Un modo di vivere il lavoro tutto da scoprire. Ma quando fai quello che vuoi davvero, tutto è più semplice di quanto immagini!

 

Solitudine

La solitudine è un elemento importante: non c’è più un Team cui far riferimento, su cui poggiarsi o con cui confrontarsi, una struttura che in qualche modo sostiene e contiene. Le decisioni sono da prendersi in autonomia.

La “forza di carattere” può essere una dote naturale, ma camminare nel mondo da soli è una sfida che almeno inizialmente richiede allenamento, supporto, alleati. Il feed-back che prima aveva funzione (quasi) rassicurante di fronte a possibili errori, viene percepito come “giudizio” da parte del cliente. Da qui l’importanza della “struttura” interiore che deve essere chiara, congrua  e percepita per prima dalla persona stessa.

Ed è lei che parlerà al mondo e sarà in grado di interfacciarsi con elasticità nelle differenti situazioni professionali.  Nel tempo poi si troveranno alleati e professionisti con cui confrontarsi. Scambiare idee, parlare è sempre una grande risorsa ed inizialmente un supporto dalla famiglia e dagli amici sarà prezioso.

 

Per concludere, il supporto di un professionista nel passare da Manager a Consulente  può essere un utile ingrediente per smussare gli angoli e rendere più fluido, morbido l’impatto con un mondo lavorativo molto differente da quello aziendale.

Se affrontate con il giusto atteggiamento, tutte le cose andranno al loro posto.

E quando trovano un equilibrio ecco la soddisfazione pura in quanto davvero tutta personale.