L’anima gemella, ovvero la riproduzione omosociale

Spesso mi succede.. anzi ci casco praticamente ogni volta. E mi sento bene, quando succede, come se incontrassi quella che sento un po’ una mia anima gemella..

Il guaio è che quando succede in ambiti in cui avrei bisogno di supporto, di complementarietà, di pensieri originali rispetto al mio, questo non è di aiuto, affatto.

Se poi accade in ambito lavorativo… proprio non va.

L’appartenenza allo stesso gruppo sociale, un incontro con persone che abbiano lo stesso tipo di formazione, gusti ci porta tutti a sentirci più a nostro agio, facilita il dialogo, la comprensione reciproca.

Purtroppo il riconoscimento assicura grande empatia ma innesca facilmente una situazione statica, in cui lo scambio entusiastico sul “come si è” non porta a “ciò che si vuol costruire assieme” unendo le reciproche competenze e talenti. Se pur il motivo dell’incontro rimane intenzionalmente propositivo per entrambi rispetto a un progetto nuovo da sviluppare, qualcosa non funziona.

Non farsi influenzare dall’effetto “simiglianza-attrazione” (Sutton), stare all’erta rispetto alla tendenza omosociale cui un po’ tutti siamo afflitti, spesso non basta. Non comprendere a fondo sia i nostri che gli altrui meccanismi in quanto leggiamo il mondo attraverso i filtri in nostro possesso, legati in modo automatico alla nostra storia personale, ci porta alla diffidenza, alla critica, al giudizio.

Di fronte alla “diversità” subito si innescano dubbi e ostilità, timori e pregiudizi non consapevoli, che ci spingono a rifiutare l’ “altro diverso”.

Pare uno scioglilingua, ma il pre-giudizio automatico è preparatorio a un nostro giudizio effettivo spesso inappellabile e non cosciente.

Questo elemento diventa automaticamente un fattore rilevante e ostacolante nella scelta che pensiamo obiettiva e libera (ma tale non è…) di partner appropriati per il progetto che vogliamo sviluppare condividendone gli obiettivi.

Capita un po’ a tutti di cercare sinergie a supporto dei nostri obiettivi, chiari ma difficilmente raggiungibili in solitario. E questa ricerca è continua, quotidiana. Cerchiamo ascolti e scambi, contributi e appoggio.

Naturalmente non siamo soli al mondo, né unici, e… il nostro desiderio di riconoscerci nel nostro interlocutore potrebbe farci cadere in grossi imbrogli..

Non son poche le persone che adottano maschere specchio (inconsapevolmente o meno..) rispetto a quanto gli si richiede, uniformandosi ai modelli e ai desideri, per i più differenti motivi (bisogno di affetto, soldi, compagnia)…

Possiamo dire che non è mai successo anche a noi? Chi di noi non ha provato la cocente delusione di scoprire solo in secondo tempo che un rapporto di lavoro, di affetto era retto su un tentativo di “riproduzione omosociale” (Rosabeth Moss Kanter), talvolta, ma non sempre!, realizzato in buona fede, per cui infine un imbroglio, con cui di fatto siamo conniventi ?

Che dire poi della nostra ostinazione che nega fortemente, persino quando ci accorgiamo di avere un atteggiamento prevenuto, che ciò possa condizionare i nostri parametri di giudizio?

Soluzioni? Una sola: conosci te stesso il più possibile. Solamente considerando i propri punti deboli e di forza potremo costruire sinergie efficaci con le persone attorno a noi.

Per non sbagliare e non esser in balìa di facili gibigianne perché non chieder aiuto, ad un coach ad esempio, che specchio sarà davvero, neutro e alleato per una ricerca finalmente efficace.

Ascoltare chi? Beh… se stessi.