CORAGGIO OGGI DA SUBITO – Parte 3

La sindrome dell’IMPOSTORE

“Inutile rassicurarti sulla bontà del tuo operato, delle tue doti, della tua capacità. La percezione pervasiva che senti è che NON li meriti. Tu lo SAI, che non  meriti riconoscimenti.”

Questo pensiero è proprio di persone molto capaci: e anche se raggiungete ottimi risultati, non potete riconoscere i vostri meriti. Vi sentite IMPOSTORI.

Questa è una sindrome vera e propria, individuata negli anni ’70 e studiata dagli psicologi Clance e Imes, e strutturata da Valerie Young in 5 tipologie differenti. Una sindrome che diviene disagio psicologico e può portare il lavoratore (oserei dire la lavoratrice, in quanto pare più diffusa nel mondo femminile) al burn-out.

E non c’entra la modestia: di fondo c’è davvero la convinzione di non valere, e il pervasivo timore  di “esser scoperti” come impostori.

Le tipologie identificate sono le seguenti:

La perfezionista:  percepita all’esterno come persona “maniaca del controllo”, tende a nascondere la sindrome in quanto non vuole le sue decisioni/capacità vengano messe in dubbio, anche se crede interiormente che avrebbe potuto far meglio..

Rifugge l’errore, e la soluzione sta nel riconoscere che gli errori fanno parte della crescita professionale.Un proverbio? chi non fa non sbaglia. ma resta al palo.

Superwoman/Superman: usualmente dedita al superlavoro, con la percezione che se non lo facesse.. cascherebbe il mondo.

In questo modo non contempla spazi per la cura di sé, e il suo equilibrio fisiologico e psicologico ne risente. La cura inizia con l’instaurare qualche “routine” di benessere altrettanto indiscutibile. Riscoprendone una di antica data, magari.

Il genio naturale, con un severissimo giudice interno al lavoro, che percepisce un fallimento in ogni piega di posibile imperfezione in quanto realizza, coltivando percò un senso di colpa pervasivo, potentissimo nei confronti del proprio (risibile, se c’è) sbaglio.

Isolarsi è un modo di proteggersi dal confronto con il mondo, quando sarebbe invece utile considerare le cose andate a buon fine, i successi. Ma mi rendo conto questa parola sia quasi tabù. Vediamola così..statisticamente NON è possibile coltivare solo situazioni passibili di critica. che il Genio Naturale usi il proprio rigore anche in questa direzione!

L’individualista: è incapace di delega, non si fida..   ma sa che dovrebbe farlo in quanto il burn-out ne è un effetto imprescindibile, nel tempo.

L’approccio scientifico del tipo precedente può esser utile, anche se essendo la fiducia il punto nodale, potrebbe esser interessante farsi la domanda.. di chi potrei fidarmi un pochino, quel tanto per finire questo lavoro in tempo? poi accumulare le esperienze.. e ampliare il rischio della delega! In effetti dicono che.. chi non risica non rosica.

L’esperto: valuta il proprio valore professionale sulla base della sua competenza, e non basta mai! pensando di dover sapere ogni cosa e temendo di venire meno a una conoscenza perfetta nel suo ambito specifico.

Il rischio è paralizzarsi di fronte alla grandezza dell’obiettivo, e perdere il significato del suo lavoro. Non percepire il famoso Q.B. (quanto basta)  segnale del momento di sospendere lo studio finché non emerga la necessità di ampliamento della propria expertise.

In ogni caso, cosa fare quando ti accorgi che stai prendendo questa china?

per quanto possibile da soli, iniziate a fare una valutazione oggettiva.. (per la verità è una contraddizione in termini, per voi!)  mediante un elenco dei fallimenti e dei successi PERCEPITI, facendo caso alle specifiche competenze utilizzate.

Ricordate che funziona molto meglio se lo fate con un aiuto esterno con un feedback davvero obiettivo ;).

e poi iniziate a sbagliare, innanzitutto perchè la perfezione non è di questo mondo, e non c’è bisogno che un’idea sia perfetta perché possa essere proposta o percorsa. Scoprirete che anche se alcune volte si sbaglia, questo non fa di voi un impostore.

Come fare.. al prossimo capitolo. Ed i precedenti qui  e qui .