PERFORMANCE E LIMITI PERSONALI

Ancora sulla Performance nella professione e nella vita

 

Fai molte cose, ma una ti riesce meglio delle altre. Peccato che talvolta non riconosci quale sia tra le tante che fai.

Una chiave per scoprirlo è osservare in che attività passi la maggior parte del tempo quando stai bene.

Sembra ovvio, lo è, ma spesso non ci pensi.

 

Quando questo succede ed è il tuo lavoro, vorrà dire che hai sottomano  la chiave per sviluppare la miglior performance per te possibile in quell’ambito.

 

Ma se guardi nel dettaglio, per ogni attività sono richieste capacità o competenze complementari che spesso percepisci come estranee o in contrapposizione al tuo carattere per cui difficili o faticose da implementare e superare.

Qualche esempio?

 

sei un musicista, ma non ami l’esposizione nei media..

sei uno chef  ma non gestisci bene il tuo team in cucina

sei un allenatore ma non ti relazioni con facilità con i tuoi clienti

hai un’azienda ma non ti piacciono i..numeri

sei un amministratore di stabili ma non sai trattare i prezzi di acquisto (del gasolio..)

sei un libero professionista ma non ti piace promuovere te stesso.

 

Considera che già scoprire quale è il freno a mano tirato che sabota la tua attività è un successo.

Può essere tu ne sia  inconsapevole.

Spesso poi, se “ti conosci”, o quando “lo” riconosci, il refrain interiore diventa un “sono fatto così”:  con un vissuto personale che diventa un limite personale da accettare o da combattere con fatica. E quasi quasi ti arrendi.

 

Limiti percepiti e Performance

Naturalmente quel freno a mano tirato riduce in modo considerevole la qualità della tua capacità di performance, della tua efficacia ma soprattutto della soddisfazione personale e professionale che puoi ottenere.

 

Sembra un circolo vizioso, di fatto lo è, ed  un primo passo sarà scoprire l’incongruenza, per poi occupartene.

Ma come occupartene? NON sarà approfondirne i limiti, cercare e poi copiare modelli di successo altrui in quello specifico ambito per poi passare immediatamente al “fare”.

 

Piuttosto, dopo aver identificato il bug, è meglio evitare di porre tutta la tua attenzione su ciò che non c’è, sul problema in se stesso per sopperire poi a quella mancanza.

Perchè funziona molto meglio ritrovare quella personale modalità di  “essere” in cui attingi a tutte le tue risorse disponibili e temporaneamente dimenticate (e garantisco, ce ne sono sempre in quantità)  per trovare il tuo modo di muoverti in quel contesto.

Detto in altre parole, riprendere contatto con ciò che ha per te significato, che è congruo con chi sei tu, i tuoi valori, e allinearlo alla direzione che vuoi per la tua vita, concentrandoti su quanto è man mano accessibile, possibile per te, con umiltà e coerenza.

E in questo modo dissolvere il problema. Smettere di percepirlo tale, ma trattarlo semplicemente come uno dei tanti possibili “incidenti di percorso”.

Dissolvo invece di risolvo. Una contraddizione?

 

Neuroscienze, Ackoff e Sviluppo Personale e Professionale

No, non c’è contraddizione. Ed è possibile con mediante un lavoro di sviluppo personale .

Che, prendendo spunto dalle scoperte che le Neuroscienze mettono a disposizione, rende accessibili tutte le tue capacità assieme a una lucida consapevolezza per il loro utilizzo funzionale a quello che vuoi (posto che sia davvero quello che vuoi!!), permettendo la scoperta del tuo personale modo di funzionare al meglio anche in situazioni non perfette.

 

PS: “Dissolvere (to dissolve) un problema significa riprogettare l’organizzazione o il suo ambiente, in modo che il problema venga eliminato e non possa ricomparire. (…) Curare una patologia è portare a soluzione (solve) un problema. Sradicarla è dissolverlo. (Russell L. Ackoff) – cit A. Carena)