Neuroscienza e resistenza al cambiamento

La resistenza al cambiamento non è in opposizione a mandati aziendali, ma a percorsi e strategie neuronali della persona, e la motivazione esterna proposta dall’azienda non è la via migliore per produrre cambiamenti.

Un’idea piuttosto comune in azienda è che per ottenere dei cambiamenti nelle persone sia utile lavorare sulle motivazioni della persona fornendo al contempo esempi di quanto richiesto. Ma gli studi contemporanei di Neuroscienza hanno ampiamente dimostrato che NON funziona!

Dal punto di vista strutturale, la nostra mente non ama la novità.

Il 95% delle attività cerebrali sono realizzate da strutture neuronali automatiche che operano senza un doppio controllo e riesame su quanto viene rilevato dall’ambiente tramite i nostri sensi. Buona la prima!

I neuroni che si occupano di gestire le attività di base hanno come fine farci sopravvivere e ridurre la nostra percezione del dolore usando un paio di “trucchi”: velocità e ripetizione.

Velocemente, facendo percepire autenticità e spontaneità nell’interpretazione di quanto avviene nell’ambiente in cui ci muoviamo. Ripetizione in quanto il futuro previsto è preferibile a una situazione incognita e pertanto percepita come pericolosa, perciò collegata a percezioni emotive da evitare.

Il cervello

Ma il cervello, la mente, è progettata per raccogliere nuove informazioni tramite la mutazione delle sinapsi, anche se ad alcune condizioni.

Apprende volentieri cambiamenti che NON entrano in conflitto con esperienze già “registrate” come “di successo” e che non contrastano con abitudini di pensieri e emozioni già conosciute.

E quando si affrontano variazioni di cui non vi è una esperienza precedente, ecco sorgere resistenze che proiettano scenari di pericolo e fatica.

Per superare queste resistenze, la “motivazione” proposta dal mondo esterno NON basta: i percorsi sinaptici consolidati dall’abitudine sono molto resistenti!.

 

C’è un “però”.

Negli uomini (unica specie in cui al momento ci sia prova di quanto segue) nella neo-corteccia esiste un circuito cerebrale destinato a due funzioni specifiche: il DUBBIO e l’AUTOCONTROLLO.

Queste permettono la formazione di nuove idee e di elaborare valutazioni critiche su quanto la realtà propone (il Dubbio), per aprire nuove possibili valutazioni e percezioni, tramite lo sviluppo di Autocontrollo su “pigrizia” e percezione di pericolo.

Da sola però la consapevolezza di aver questi “strumenti” a disposizione NON basta a superare le resistenze sinaptiche consolidate.

 

Il cambiamento spesso provoca nella nostra mente un duello tra due strategie neuronali 

Per superare le “abitudini” mentali, occorre un fattore a monte.

E’ necessario “rassicurare” la parte emotiva. Escluderla durante la valutazione di possibili azioni slegate dall’automatismo originale, in modo che Dubbio e Autocontrollo possano agire per il tempo sufficiente a costruire, mediante nuove esperienze, nuove reti sinaptiche altrettanto “automatiche e spontanee” in sostituzione delle precedenti.

In azienda…

Ecco che in questo modo si comprende come la resistenza al cambiamento non è in opposizione a mandati aziendali, ma a percorsi e strategie neuronali della persona, e la motivazione esterna proposta dall’azienda non è la via migliore per produrre cambiamenti.

Forse prima di proporre un cambiamento specifico, in azienda dovrebbero porsi alcune “domande strategiche”.

Quanto è distante il cambiamento dallo status quo acquisito dai lavoratori? Quali i benefici che potrebbero essere valutati a supporto per contrastare lo stress che potranno percepire rischioso, e che supporto sarebbe necessario da parte dell’azienda?

Se sei interessato, parliamone!